Mese: marzo 2019
Città instagrammabili
Quando l’architettura è a misura di selfie

Naturalmente Instagram - il social di immagini, filmati e storie, più amato dai giovani - con i suoi 800 milioni di utenti ha amplificato questo fenomeno al massimo livello. Tanto che è stata coniato un aggettivo ad hoc che descrive l’attitudine di alcuni luoghi a diventare virali: instagrammabile.
I miei studenti di architettura, da cui ho appreso il termine, prima di ritrovarlo usato nei saggi di comunicazione, lo usano con disinvoltura. È instagrammabile il nuovo negozio di Apple a Milano, che da spazio di commercio è diventato una piazza urbana che attira turisti e cittadini, con le sue gradinate, la sua parete di acqua, le vetrate. Sono instagrammabili le grandi architetture firmate da archistar, i grattacieli e le nuove piazze, come lo sono dettagli molto piccoli di interni, l’arredo di un bar raffinato, il ristorante allestito con materiali riflettenti e specchi. Ovviamente ci sono oggetti che si prestano particolarmente a questo gioco collettivo, le superfici curve e dorate di alcune opere d’arte pubbliche, le fontane che zampillano, le sculture fuori scala, scenografie particolarmente fotogeniche e particolarmente adatte a incorniciare i ritratti dei viaggiatori contemporanei.
Questa fotogenia degli spazi viene oggi ricercata ad arte nei centri commerciali, nei musei più evoluti, nei nuovi alberghi pensati per sorprendere, attirare, coinvolgere i propri ospiti. In un processo di continuo di rinforzo reciproco, io-ti-attiro, tu-mi-fotografi. Nei casi più sofisticati la stessa architettura si inchina alla potenza dei selfie e gioca con la propria dimensione scenografica, sacrificando funzione e bellezza. Saremo condannati a vivere dentro set fotografici? Non penso. Un giorno, molto presto, saremo saturi di tutte queste immagini e ci tornerà la voglia di mettere i piedi nelle fontane e di sdraiarci nei parchi urbani, di passare da un Apple Store o da Starbucks. Senza farlo sapere a nessuno.